mercoledì 11 agosto 2010

2 Tutta un'altra storia

Ci sono parecchi problemi in questa rappresentazione mediatica degli ebrei naturali alleati della sinistra;  qualcuno scriveva "noi ebrei abbiano i cromosomi di sinistra"- contro la apocalisse dei fascisti al governo.  Il primo e' che l'ebraismo non e' la religione della memoria della Shoah. Ed il secondo problema, piu' grave, e' la storia.
La storia delle persecuzioni, innanzitutto. Non ci sono stati solo i fascisti, a denunciare e far deportare i loro concittadini ebrei. C'era anche gente che dopo la guerra si riciclo' con cattolici, liberali, e comunisti. Anzi, che fece dire di se' che era sempre stato cattolico popolare, liberale, comunista [e quindi antifascista] anche quando firmava manifesti della razza, denunciava il collega ebreo, o piu' spesso si avvaleva delle predette leggi contro il concorrente ebreo. E subito dopo la guerra non mancavano altissimi dirigenti del PCI irritati dall'eccesso di favori dei confronti di ebrei che cercavano semplicemente di ritornare in possesso di quel che era stato loro sequestrato.
Ma anche dal punto di vista ebraico, la favola della alleanza naturale con la sinistra non tiene. La dirigenza dell'ebraismo italiano fu devotamente fascista - poteva essere diversamente, in un Regime totalitario? Un regime, che per di piu', aveva messo a punto una architettura istituzionale come la attuale Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, che venne fondata attorno al 1930, e supportata dal Regime nella sua opera di centralizzazione. Dotata persino del potere di imporre tributi a tutti gli iscritti, tranne a quelli che vi si cancellano, e per cancellarsi devono compilare un atto notarile.
Quando gli Alleati si trovarono di fronte a questo pasticcio, in cui si e' ebrei riconosciuti dallo Stato cercarono prima di tutto di metterci un po' di ordine, visto che proprio questa architettura istituzionale aveva consentito le persecuzioni (ogni Comunita' Israelitica aveva un dossier relativo agli iscritti, con indicati recapiti e beni - e quando quei dossier finirono nella mani dei tedeschi, ci fu la tragedia). Poi lasciarono perdere, e la storia fece il suo corso, portando nella dirigenza delle Comunita' i personaggi meno legati al Fascismo. E che erano sionisti.
Per alcune ottime ragioni. Prima di tutto c'era in giro un gran fermento e un gran desiderio di spostarsi in Israele, o perlomeno di aiutare la emigrazione in Israele dei sopravvissuti alla Shoah -che passava per l'Italia, i profughi si imbarcavano a Brindisi o La Spezia. L'Italia uscita dalla guerra coopero' con questa immigrazione - i funzionari ministeriali, cresciuti sotto il Fascismo, erano davvero convinti che ci fosse una lobby ebraica mondiale che era meglio tenersi buona. Il sionismo era quindi popolare tra gli ebrei d'Italia.
Ma soprattutto, il Fascismo era stato antisionista prima che antisemita. Mussolini si era baloccato con l'idea di appoggiare il sionismo in funzione anti inglese, come pure con l'idea di offrire agli ebrei una patria in Etiopia - tirandoli dalla propria parte contro la Societa' delle Nazioni [ancora il mito della Lobby, come si vede]. Ma rapidamente Mussolini cambio' idea, il fascismo divenne antisemita e antisionista, e sugli ebrei italiani calo' da allora il sospetto della doppia lealta'. Che non se ne e' ancora andato.
L'idea quindi che gli ebrei di Italia potessero essere, negli anni Novanta, i naturali alleati della sinistra, in nome di una comune lotta contro il fascismo, era quindi una idea da farlocchi. Anche e soprattutto tenendo conto che la politica estera dell'ex PCI, poi PDS poi ecc. ecc. era stata quantomeno simpatetica verso il mondo arabo e quell'allegro schieramento di regimi che era ufficialmente in guerra con Israele. Peggio: quelli, tra quei regimi, che avevano abbandonato il fronte del rifiuto contro Israele, si trovavano ad essere dipinti dalla stampa di sinistra con toni feroci. Improvvisamente ci si ricordava che in Egitto i comunisti non se la passavano proprio benissimo; ma si taceva sull'analoga persecuzione dei comunisti in Siria o in Irak.
A partire dagli anni Settanta, il mondo ebraico si e' impegnato a fondo per i diritti degli ebrei che vivevano in quella che all'epoca era l'URSS. Il loro diritto di praticare l'ebraismo come quello di emigrare in Israele. C'erano dimostrazioni davanti alle ambasciate sovietiche e anche ai teatri che ospitavano compagnie russe di balletto. C'erano decine di missioni finto-turistiche, il cui reale scopo era portare libri di preghiera o solo notizie dalla vita ebraica al di qua della Cortina. Ognuna di quelle missioni era accompagnata da cittadini americani (puoi mettere in galera uno sgarzolino belga, ma un cittadino americano rischiano di essere cacchi).  La polizia sovietica all'aereoporto sequestrava meta' del materiale, immancabilmente - ma la altra meta' te la lasciava indosso. E per il resto la si poteva corrompere con le mitiche calze da donna o penne biro.  Dopo la Guerra dei Sei Giorni, il supporto ai refusenicks e' stato il movimento che ha unificato ebrei di America come d'Europa come di Israele.
Potete scorrere le annate dell'Unita' e scoprirete in che modo la base del PCI veniva informata a proposito di quel che accadeva di la' - dove i compagni del KGB spegnevano sigarette sui testicoli di chi veniva sorpreso a parlare yddish. Ma vabbe', qualche mente eccelsa ha pensato di mettere tra parentesi un paio di generazioni (almeno) e di tirare fuori la parola magica della Memoria.
Era difatti il periodo in cui si faceva un grande abuso della Resistenza, e quanto volte ho sentito dire "Se vince di nuovo Berlusconi io vado in montagna"; non a sciare, ovviamente - anche se poi non pochi di costoro ci andavano a sciare, appunto. O anche, variante pre Resistenziale: "se vince Berlusconi, io espatrio", chissa', sulle orme di Leo Valiani. Che non era certo uno stalinista, ma questo piccolo particolare era dimenticato dalla folla bramosa di cantare Bella Ciao. Di quello si e' trattato, purtroppo: un antifascismo da canzonetta. In cui la Memoria ci stava come Auschwitz dentro un concerto di Guccini, o dei Nomadi. In funzione celebrativa, appunto. Prepara il climax che porta alla Rivoluzione, anzi no: all'eroica storia del ferroviere suicida.

[terza parte qui]

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